Nei panni di una prof

Federico Mauceri
Il suono della sveglia mi rimbombava nelle orecchie,"è già mattina" pensai. Avevo una strana sensazione ma non ci feci caso forse per la stanchezza o per il pensiero della scuola. Barcollando mi avvicinai allo specchio e quella sensazione ebbe subito un senso: non ero più io, ero il professor Volpi. Ci fu un momento in cui tutto si spense, mi svegliai sul pavimento. Pensai che per poter capire qualcosa di questa situazione bisognava andare a scuola, così scesi le scale, per fortuna i miei genitori erano già andati via, e mi precipitai fuori. Quando arrivai tutta l’ansia scomparve e la sostituirono benessere ed interesse. Per una volta ero io il professore e non l’alunno. Sapevo già in che classe andare, la mia, la 3°C la classe più “agitata” della scuola. Entrato nell'aula, lo vidi era lui, il professor Volpi da giovane; mandai tutti a sedere e, come mi aspettavo, iniziarono a parlare, ma sapevo come farli ascoltare la lezione, cominciai a discutere dei risultati delle partite di calcio, visto che ero il prof di  ginnastica, e tutti si unirono al dibattito. 
L'ora successiva andammo in palestra, mi unii alla classe per una partita di palla-prigioniera ma appena cominciata mi sentii male ed una pallonata mi colpii in pieno volto. Ero steso a terra, sopra di me c’era il professor Volpi da ragazzino però c’era qualcosa di strano, la sua faccia cominciò ad invecchiare. Mi alzai, mi faceva un gran male la faccia ma, ero di nuovo io!!! Mi ricordai improvvisamente tutto, stavamo scendendo in palestra ed ero caduto dalle scale di faccia, ero svenuto ed avevo sognato di essere il professor Volpi. 
Felice di essere di nuovo me stesso mi alzai e tornai a giocare con i miei amici.

Ludovica Isetta
Il suono della sveglia mi desta all'improvviso, sono le sette, bisogna che mi prepari in fretta. Però scendo dal letto con difficoltà, il pigiama sembra diventato così stretto che quasi non riesco a muovermi? Ma… come mai i pantaloni sono diventati così stretti e la maglietta  così corta? Scendo dal letto tutta intimorita, mi precipito in cucina e mi preparo la colazione fissando l’orologio. Mangio di fretta, mi vesto in pochi minuti e mi lavo la faccia con l’acqua fredda quando…mi guardo allo specchio e vedo che non sono più io. Mi metto ad urlare, vado nel panico e mia mamma si sveglia spaventata. La sento che mi chiama, ma io faccio finta di niente e le dico che sono solo scivolata.
A  pochi minuti dall'inizio delle lezioni  esco di casa e prendo la macchina che, magicamente so guidare.  Entro in classe e mi accorgo che il mio posto è occupato da una mia professoressa. Rimango scioccata e allo stesso tempo infastidita perché mi stava rubando gli amici. Appena i miei alunni si accorgono che sono in classe, tutti mi raggiungono urlando:” Prof! Prof!”. Io non riuscivo a capire e mi sedetti alla cattedra.
Una volta aperto il vecchio quaderno di tecnologia il mio sguardo si concentra su un lunghissimo elenco nel quale ci sono scritti i nomi degli alunni. A quel punto capisco tutto, mi sono trasformata in una professoressa e lei si è trasformata in  un alunno. Devo ammettere però che tenere a bada una classe di alunni scalmanati non è per niente semplice e che in certi momenti sono tentata di chiamare aiuto, ma con una frase tipica “Ora interrogo”, la situazione si ristabilizza immediatamente.
Tornata a casa, praticamente senza voce, mi accorgo che sono tornata me stessa.

Teresa Grosso


Il suono della sveglia mi desta all’improvviso; sono le sette, bisogna che mi prepari in fretta. Però…scendo dal letto con difficoltà: il pigiama sembra diventato così stretto che quasi non riesco a muovermi…ma come mai i pantaloni sono così stretti? Corro in bagno per guardarmi allo specchio e mentre apro la porta noto che le mie mani sono più grosse e rugose. Accendo la luce e mi specchio.. Sono un mostro, con gli occhi marroni piccoli e senza trucco!!! Sono diventata la professoressa Letizia Amendola. Sento il sangue gelarmi… sono un’insegnante di matematica, odiata da tutti, ma come faccio? La prima cosa che mi viene in mente è precipitarmi a scuola. Prendo un po’ di vestiti vecchi di mia madre e  delle scarpe con i tacchi bassi. Così sembro proprio lei! Alle otto meno un quarto arrivo a scuola, mi dirigo nella classe terza D e noto subito che seduta accanto alla mia compagna di banco c’è una nuova ragazza, molto esuberante e allegra. Saluto i miei “ alunni" e faccio l’appello . Appena mi giro per scrivere sul registro elettronico gli assenti, tutti iniziano ad urlare e a me sale il nervoso perciò decido di interrogare tutti i miei alunni, partendo dalla ragazza seduta al mio posto. Ma che cosa le devo chiedere? Inizio a parlare della circonferenza e a farle delle domande. Tra me e me penso a che voto darle e  non capisco se le cose che dice sono giuste o sbagliate. Dopo dieci minuti la fermo e le metto nove sul diario. Tutti rimangono a bocca aperta e iniziano a polemizzare e a parlare tra di loro. Adesso capisco perché le professoresse urlano sempre e danno brutti voti. Pensavo che stare dall’ altra parte della cattedra fosse facile e divertente, ma invece non lo è, anzi è proprio il contrario. Decido di lasciarli parlare per tutta l’ora fino a quando la campanella non suona e me ne vado da quella classe. Torno a casa e inizio a correggere le verifiche. Assegno voti a caso tutti sufficienti , e mi rimetto a dormire. Il suono della sveglia mi sveglia: sono le sei del mattino successivo. Mi precipito di corsa in bagno e mi guardo allo specchio. Per fortuna è stato solo un brutto sogno!! Felice come non mai vado a scuola e nell’ora di matematica spiego alla mia amica il sogno che ho fatto. Ad un certo punto sento urlare il mio nome. La professoressa mi chiama per consegnarmi la verifica: ho preso dieci!! Allora non era un sogno? Ero veramente diventata la professoressa Amendola. La ragazza è ancora lì seduta e le verifiche sono quelle che ho corretto il giorno prima. Mi sentì svenire. Solo una cosa era certa non farò mai l’insegnante di matematica.

Noemi Margiotta
Il suono della sveglia mi desta all’improvviso sono le sette, bisogna che mi prepari in fretta. Però…scendo dal letto con difficoltà: il pigiama sembra diventato così stretto che quasi non riesco a muovermi. Ma…come mai i pantaloni sono così stretti? Mi vado a guardare allo specchio e…oh no, oh no, oh, no...sono diventata il mio professore di tecnologia di 1 e 2 media! Sono così brutto, vecchio e barbuto che lo specchio sta cominciando a  creparsi! Ok, ok con calma…sono le sette e dieci devo vestirmi in fretta ma non ho vestiti che mi vadano bene…pensa, pensa, pensa…ok ci sono, mi metterò i vestiti di mio padre, anche se mi staranno molto, molto piccoli perché mio padre è circa dieci centimetri più basso di me, ora. Ma comunque è già una fortuna che in casa non ci sia nessuno, così mi metto una giacca, una camicia, dei pantaloni e delle scarpe, tutto di almeno due taglie troppo piccole, sembro un puffo. Ma non ho altra scelta; guardo l’orologio, le sette e venti così esco e prendo l’autobus con la gente che mi fissa strabiliata. Mi vorrei sotterrare.
Quando entro a scuola gli alunni mi guardano e scoppiano a ridere, batto una mano sul banco per farli tacere, poi penso che dovrei parlare per fare lezione ma ho ancora la voce di una ragazzina di tredici anni…pensa, forza, pensa…ci sono! Vado alla lavagna e scrivo:” Oggi lezione silenziosa .” E’ geniale. Gli alunni, così fanno tutto quello che scrivo alla lavagna e l’ora passa liscia come l’olio così decido di usare questo metodo della “lezione silenziosa” per le prossime quattro ore. E funziona ancora! Faccio per uscire dalla scuola, e di colpo il buio. Un istante dopo mi ritrovo per terra, nella mia stanza, nel mio corpo, suona la sveglia, le sette in punto e ora capisco tutto, è stato solo un brutto sogno, menomale.

Nathalie Gardella
Era una mattina come tutte le altre, la sveglia suonò rumorosamente, mi alzai dal letto e sentii un leggero freddo sulle gambe ma non ci feci molto caso visto che ero ancora un po’ addormentata; andai verso il bagno con gli occhi ancora assonnati e , appena mi specchiai, vidi una donna alta   e magra sui 40 anni. Tirai un urlo  ma  fortunatamente nessuno mi sentì. Dopo un momento di panico mi calmai e cercai di capire cosa mi fosse successo. Andai verso l’armadio di mia madre visto che i miei vestiti non andavano più bene. E ne presi qualcuno dei suoi. Incamminandomi per andare a scuola sentii una voce che mi disse:” Buon giorno prof” la guardai e notai una strana somiglianza con la mia prof di arte e da li capì tutto : mi ricordai che il giorno prima mi aveva prestato la sua penna che perdeva inchiostro e, cercando di pulirla , mi era caduta  una goccia di inchiostro sulla mano. Avevo preso un fazzoletto per pulirmi ma la macchia era scomparsa come se la pelle l’avesse assorbita. Entrai a scuola chiesi in segreteria le lezioni che avrei avuto durante la giornata. La prima classe era proprio la 3C , dove sapevo che c’era anche lei. Quando la vidi non sembrava molto confusa o stupita anzi sembrava che per lei fosse un  normalissimo giorno di scuola. Cominciata la lezione non sapevo bene cosa dovevo fare e visto che la classe cominciava già con il solito chiacchierio  mattutino , decisi di metterli a lavorare così sarebbero stati più calmi. La quiete tuttavia duro poco perché la classe inizio di nuovo a chiacchierare  rumorosamente. Dopo averli  richiamati più volte mi stancai  e li interrogai tutti. Alla fine della lezione mi resi conto di quanto poteva essere stressante fare l’insegnante con 25 adolescenti. Guardai la mia agenda e vidi  che avevo un ora libera prima della prossima lezione e ne approfittai per scendere giù in biblioteca per trovare un rimedio a questo problema. Dopo aver guardato tutti i siti internet e tutti i libri , quando mi stavo per arrendere inciampai e mi cadde un libro sulla testa; lo aprii e vi trovai scritte diverse strane pozioni. Dopo aver sfogliato un paio di pagine ne vidi una che faceva al caso mio. Per tornare alla normalità dovevo prendere diversi ingredienti , il primo era una ciocca di capelli della prof, il secondo lancette di orologio infine mi serviva una mia lacrima . Dopo aver recuperato tutti gli ingredienti li mescolai insieme ,a un tratto si creo una fitta nebbia e mi ritrovai nel mio letto con la sveglia che suonava , mi precipitai in bagno e  vidi che era tornato tutto alla normalità con mio grande sollievo.

Martina Cama

Quella mattina mi svegliai con molta fatica, mi sentivo strana…Il pigiama mi stava molto attillato, non mi sentivo i miei lunghi capelli sulle spalle e le mie gambe erano decisamente più lunghe del solito. Scesi dal letto incuriosita e spaventata, andai in bagno, mi guardai allo specchio e feci un balzo! Non capivo cosa stesse succedendo: avevo i capelli neri e corti e avevo gli occhi scuri.
Trovai delle somiglianze con la mia professoressa di Italiano, Daniela Cavallin… Anzi, ero proprio lei!
Erano le sette del mattino ed ero ancora mezza addormentata, così indossai le prime cose che trovai nell’ armadio di mia mamma perché i miei vestiti mi stavano tutti piccoli.
Andai di corsa a scuola perché ero in ritardo. Presi la macchina parcheggiata sotto casa e… Con mio grande stupore sapevo guidare! Arrivata a scuola tutti gli studenti mi salutarono e sentii che stavano parlando dello strano caso della nuova compagna che diceva di essere stata fino a ieri la professoressa Cavallin!
Mi sentivo molto imbarazzata a spiegare la lezione di grammatica. Tutti gli alunni mi guardavano fisso negli occhi. Vidi poi un’alunna che mi assomigliava e chiacchierava senza sosta senza la paura di essere interrogata.
Trascorsa la mattinata tornai a casa, pranzai e caddi in un sonno profondo, dormii circa tre ore e quando mi svegliai mi sentii di nuovo Martina, me stessa.
Questa esperienza è stata unica e indimenticabile, anche se con fatica: ho preso coraggio e sono riuscita a mantenere una classe. 

Alessia Croce

Il suono della sveglia mi desta all’improvviso: sono le sette, bisogna che mi prepari in fretta. Però…scendo dal letto con difficoltà: il pigiama sembra diventato così stretto che quasi non riesco a muovermi. Ma…come mai i pantaloni sono così corti? Mi guardo allo specchio e mi accorgo di essermi trasformata nella mia prof di arte, la Marson! A questa scoperta mi dispero ma decido di andar comunque a scuola. Mi incammino e tutti i miei compagni che ora sono miei alunni, mi guardano male! Ma devo dire che sono molto carina e ho un bel portamento! Entro a scuola e mi dirigo verso l’aula insegnanti siccome non so nemmeno dove devo andare e cosa devo fare…Chiedo a Braggion se da qualche parte c’è scritto il mio orario ma lui mi dice di no. Non mi resta che guardare nelle porte di ogni classe per capire dove sono alla prima ora di mercoledì. Percorro un piano intero ma non trovo il mio nome, e nel cercare passano già dieci minuti, salgo le scale e vado su, controllo le altre otto classi del primo piano ma neppure lì c’è il mio nome, allora mi dirigo verso il bar giù dove vado sempre a prendere le caramelle. Saluto la barista Francesca co0me se fosse una mia amica ma solo dopo mi accorgo che lei non sa chi sono. Tornata a scuola la prof Cavallin mi riferisce che ho un’ora di supplenza in terza C, la mia classe. Mi siedo alla cattedra e mi concentro per comportarmi come una “prof“, quando, ad un certo momento, mi salta in testa di chiedere le Goleador blue ai miei compagni e loro, da educati, me ne danno una, e ancora una volta mi dimentico di essermi trasformata in un’insegnante. Non resisto, devo parlare con Alessia e cercare un modo per tornare ad essere me stessa. Andiamo fuori dall’aula e troviamo un accordo, diciamo chiaramente alla classe che ci siamo scambiati i corpi. “Ragazzi, è difficile da dire ma io e Alessia ci siamo scambiati i corpi” Scoppia una risata generale.

Francesca Gallusi.
Il rumore irritante della sveglia interrompe il mio sonno profondo. Sono le sette, è lunedì e devo andare a scuola. Apro gli occhi e mi perdo per qualche instante nella copertina del mio libro del momento che è rosa acceso; è appoggiato sul mio comodino. Mi dirigo verso il bagno. Mi sento la testa pesante, barcollo. Istintivamente mi porto le mani alla testa. Ho i capelli corti? Corro in bagno e non posso credere ai miei occhi. Ho i capelli corti color biondo platino, sono più bassa di qualche centimetro e ho le rughe. Sono sconvolta; cerco disperatamente il mio telefono ma al suo posto vi trovo un antiquato Nokia. Okay, okay stiamo calmi, mi sono solo trasformata nella Prof. Più odiosa di tutto l’ istituto… Devo capirci di più. Siccome non mi sembra il caso di andare… o di farla andare a scuola con la maglietta dei Black Eyed Peas, vado a frugare nell'armadio di mia madre che a questa ora è in ufficio. Non è così facile…insomma devo trovare dei vestiti per una donna di un metro e sessanta nell’ armadio di mia madre che è alta un metro e ottanta. Attraversata la porta della cucina trovo sul tavolo la sua cartellina rossa, che usa di solito per tenervi all'interno i compiti degli alunni, e la sua inseparabile borsa nera .Sono i venti minuti più strani della mia vita. Prendo un autobus che sosta davanti alla scuola.' Arrivo all'ingresso dell’ edificio in ritardo ma non gli do troppo peso. Arrivati davanti all'aula mi prende un colpo. Urla, strepiti e risate riecheggiano nella stanza. Busso sulla porta in segno di richiamo. In un secondo c’è il silenzio, tutti si alzano dalla sedia al mio ingresso e io mi sento la regina Elisabetta. “Seduti” dico col suo solito tono di voce; ci potrei prendere gusto. “Aprite il libro a pagina…” sbircio sul registro “cinquantanove.” Dopo di che inizio a fare l’ appello e si solleva un chiacchiericcio snervante. Li riprendo ma dopo qualche nome ricominciano. Che rabbia! Arrivati alla lettera G noto che non c’è il mio cognome ma di cose assurde me ne sono già successe e quella è la minore. Il culmine dell’ idiozia si raggiunge quando arrivata alla lettera L, leggo il nome della mia professoressa, che guarda caso ha la maglietta degli U2. Sorrisi e lei mi lancia uno sguardo pieno di stupore. Ha gli occhi azzurri e i capelli lunghissimi e biondissimi e… mi ricorda un po’ me. Inizio a dire cose a caso sul teorema di Pitagora, sperando che nessuno i stia ascoltando ma stanno parlando e urlando così forte che dubito che qualcuno stia sentendo qualcosa. Con un tempismo perfetto il bidello arriva quando la situazione mi sfugge di mano. Mi informa che la vicepreside è in aula professori che mi sta aspettando. Ho il cuore a mille non ho la minima idea di quello che mi dirà. “ Clara eccoti finalmene.” Dice la vicepreside appena apro la porta “possiamo dare inizio alla festa!” Cosa? Siamo seri? La vecchia stampante impolverata in realtà è una radio che trasmette tutte le canzoni più moderne e le luci al neon emanano a intermittenza raggi di tutti i colori. “Ma cosa…?” farfuglio ma nessuno mi sente. Dopo qualche minuto che ami sembra un eternità tirano fuori dal frigo una torta. “Auguri Iside!” è il compleanno della prof. Di italiano! Ma dai, non ci credo! Conclusi i festeggiamenti vado in classe. Anche se mi sembra passato più tempo in realtà è trascorso solo un quarto d’ ora. Ovviamente al mio ritorno la classe è un esplosione di urla. Tranne che per un’ alunna. Clara, la vera Clara, quella che si è presa la mia età, sta leggendo. Dietro il banco ,di nascosto, come me. La copertina è rosa acceso. È il mio libro. Mi avvicino a lei. Il tempo si ferma e lei mi sussurra :”Grazie ne avevo bisogno.” mi dà il libro e scompare. Rimango immobile nel suo banco vuoto che in realtà è mio. “Gallusi.” Mi chiama una voce alle mie spalle. “Siediti.” Mi giro ed è la mia professoressa. I miei capelli sono tornati castani, ramati e lunghi e anche le rughe se ne sono andate. Sbigottita mi siedo e la osservo trafficare al computer. Alza lo sguardo e afferma con un sorrisetto :”Gallusi bella maglietta.” Abbasso gli occhi, è la sua maglietta degliU2. MI fa l’ occhiolino e le sorrido confusa.

 Francesca Sbrana
Il suono della sveglia mi desta all’improvviso: sono le sette, bisogna che mi prepari  in fretta. Però… scendo dal letto con difficoltà, il pigiama sembra diventato così stretto che quasi non riesco a muovermi. Ma… come mai i pantaloni sono così corti? Magari è una mia impressione e così, come tutti gli altri giorni, mi alzo dal letto e vado in bagno a prepararmi. I vestiti mi stanno stretti le scarpe non mi entrano , così, vado di nascosto in camera di mia madre, le rubo un paio di scarpe  e corro via da casa senza nemmeno salutare. Come tutte le mattine prendo il bus che si ferma proprio davanti alla mia scuola. A0ppena entro, tutti i miei compagni di classe mi guardano male mi salutano dandomi del lei; ma penso che si tratta solo di un semplice scherzo. Salgo le scale, entro in classe e mentre mi avvicino al mio posto di sempre, vedo un’altra ragazza seduta al mio posto. Mi avvicino sbalordita e lei appena mi vede corre verso di me. Ci guardiamo negli occhi attentamente. Da lì inizio a domandarmi  cosa sta succedendo. Lei, dopo minuti di silenzio, inizia a spiegarmi ciò che è successo. Ci siamo invertite i ruoli. Io, non so cosa dire. Poi, inizio a lamentarmi dicendole che non ho la più pallida idea di come si fa la professoressa. Subito dopo lei inizia a tranquillizzarmi dicendomi di far finta di niente, di sedermi alla cattedra, di fare l’appello e poi di improvvisare. Faccio come mi ha detto. Ora devo iniziare ma non so da dove cominciare. Dato che sono diventata la professoressa Rossi  (di italiano) e questa è l’ora di grammatica, ho iniziato a dettare ai ragazzi delle frasi da analizzare. All’improvviso iniziano a “volare” astucci e diari in aria. La mia classe è molto rumorosa e chiacchierona e guardandola da un altro punto di vista sono rimasta sbalordita. Davvero siamo così scatenati? Non credevo ai miei occhi. Devo fare assolutamente qualcosa. Ho iniziato ad urlare ma nessuno mi ascoltava. E’ davvero così difficile fare la professoressa? E  pensare che fino a ieri ho sottovalutato il loro lavoro… è un miracolo se qualcuno riesce ad uscire da questa classe! Inizio a sbattere la mano sul banco minacciando loro di una sospensione collettiva e così finalmente si calmano. La campanella è ormai suonata e io dovevo tornare a casa. Dopo essere uscita da scuola, prendo l’autobus, entro in casa e mi chiudo in camera a riposare per la faticosa giornata passata. Mi sveglio la mattina dopo e noto che il pigiama  non mi sta né tanto stretto e né tanto largo. Mi guardo allo specchio e finalmente sono tornata quella di prima. Corro a scuola e vado diretta dalla professoressa Rossi . Siamo entrambe molto felici di essere tornate ognuna nel proprio corpo e ci siamo promesse a vicenda di non raccontare a nessuno il fatto accaduto. Infine, mi siedo al mio posto e faccio lezione come tutte le mie giornate quotidiane.  

Gabriele Giolo
Il suono della sveglia mi desta all’improvviso, sono le sette, bisogna che mi prepari in fretta. Però… scendo dal letto con difficoltà, il pigiama sembra così stretto che quasi non riesco a muovermi. Ma… come mai i pantaloni sono così corti? E perché la maglietta è così stretta? Allora decido di andarmi a specchiare e scopro di esser diventato il mio professore di educazione fisica!
Sono scioccato, mi vesto con degli abiti di mio padre e mi reco a scuola, dove faccio allenare i miei alunni con dei esercizi che di solito svolgo io. Dopo un duro allenamento mi reco nella prossima classe.
Alla fine arriva la vice preside e mi avvisa che oggi ci saranno i colloqui con le famiglie.
Allora accolgo tutti, descrivo a ciascuno il proprio figlio anche inventandomi qualcosa. Finisce la giornata e me ne torno a casa e dormo.
Il giorno dopo mi alzo e mi vado a specchiare ed esclamo: “sono di nuovo io!” sinceramente non è stata bella esperienza, è molto difficile fare il professore. Mi reco in cucina e mi preparo la colazione con latte e biscotti, mi vesto e mi preparo lo zaino.
Torno a scuola e sento che il professore è assente per motivi di salute.
Allora vado in classe e la professoressa di matematica esclama:” verifica a sorpresa”, si sente un boato:”nooooo”. Svolgiamo il compito e suona la campanella torniamo tutti a casa e spero di non essere mai più un professore.

Gianluca Parodi
Il suono della sveglia mi destò: erano le 7 e bisognava che mi preparassi in fretta. Però ….. scesi dal letto con difficoltà:  il pigiama sembrava diventare così  stretto che quasi non riuscivo a muovermi . Ma come mai i pantaloni erano così corti? Mi alzai e mi diressi subito per notare cosa era accaduto al mio corpo. Appena mi vidi restai senza parole ; mi ero trasformato nel professor Volpi. Ero sotto shock, non riuscivo a capire come era avvenuto un cambiamento del genere. In quello stesso momento mi feci una domanda: “Chi era diventato me?” Ragionai sull’accaduto : se io mi ero trasformato nel professore, il professore si era trasformato in me. cominciai a prepararmi per dirigermi a scuola allo  scopo  di parlare con Volpi ma i vestiti non mi stavano, quindi dovetti prendere  in prestito degli  indumenti di mio padre. Arrivato a scuola , dovevo insegnare nella classe 3 c. Feci l’appello  e vidi l’alunno Parodi Gianluca con una faccia incredula e stupita a causa dei cambiamenti fisici. Decisi di andargli a parlare il prima possibile e lo feci chiamare dalla porta. Iniziai a spiegargli l’accaduto scoprii che il mio ragionamento era esatto; il professor Volpi era diventato me. Decisi di chiedere aiuto alla mia famiglia, ma quanto raccontai loro la storia mi presero per pazzo minacciandomi di denunciarmi  alla polizia. Si scatenò un putiferio; ero disperato e non sapevo più cosa fare. Cercai per tutto il giorno di trovare una soluzione e senza accorgermene mi addormentai in aula professori . Quando mi svegliai ero nel mio letto il pigiama mi calzava a pennello e, per fortuna, era stato solo un sogno.

Enrica Caruso
Il suono della sveglia mi desta all’improvviso: sono le sette, bisogna che mi prepari in fretta. Però…scendo dal letto con difficoltà: il pigiama sembra diventato così stretto che quasi non riesco a muovermi. Ma…come mai i pantaloni sono così corti? Mi dirigo verso lo specchio per vedere che cosa non va e, arrivata, mi spavento e faccio un balzo indietro. Sono diventata la professoressa di matematica!!! Ma non c’è tempo per questo. Mi accorgo che sto facendo tardi. Penso che sono ancora addormentata, o magari è lo specchio che si è rotto, e il pigiama, dopo averlo lavato, si è ristretto. Così mi dirigo verso l’armadio. Prendo un jeans e una maglietta e , finalmente, ottengo la conferma che non si tratta di un sogno. E’ tutto vero.  Il panico prese il sopravvento. Penso di saltare la scuola. Però mia madre di sicuro sarebbe venuta a controllare e mi avrebbe visto in questo stato e non voglio!!! E se invece esco e non vado a scuola? Ah! Giusto, mia madre mi avrebbe scoperta guardando il registro elettronico come è solita fare. Non so come comportarmi, sono agitatissima. Così guizzo fuori dalla camera, controllo che non ci sia nessuno, e mi catapulto nella stanza dei miei. Per fortuna sono ancora a letto e dormono profondamente. Cerco di non svegliarli. Appena apro l’armadio, prendo i vestiti di mia madre, (per fortuna lei e la prof hanno la stessa taglia), e corro in camera mia. Mi sento come se fossi una spia, la cosa mi elettrizza ma allo stesso tempo sono in ansia. Mi vesto e scappo fuori di casa. Mi dirigo a scuola. Così finisco per prendere il posto della mia professoressa e, mentre faccio l’appello, noto che lei si è trasformata in una ragazza. Sembra strano vedere una delle mie insegnanti come un’alunna. Finito l’appello, devo organizzarmi bene per la lezione. Mi sono calata completamente nella parte. Apro PowerPoint con tutti i dati, (anche se non so quando l’ho fatto). Trasferisco gli assenti sul registro elettronico. Svolgo le normali attività della professoressa prima di iniziare la giornata. Il tempo di girarmi per fare tutto ciò, la classe incomincia a fare chiasso. Mi sta venendo il mal di testa. Aereoplanini che volano da un angolo all’altro, ragazzi che urlano e cantano. Ora capisco cosa provano i professori quando facciamo rumore. Provo a richiamarli una, due, tre volte, ma non mi ascoltano. Mi rassegno, mi aspetta una lunga e faticosa giornata. Dopo cinque minuti, tiro in ballo la questione di saltare la ricreazione se non cambiano atteggiamento. La cosa sembra funzionare.  Dico di prendere appunti mentre spiego. Incomincio a prendere gusto per questo lavoro. Finalmente passa un’ora. Inizia scienze.  Mi rendo conto che me la cavo passando l’ora a interrogare, anche perché non so cosa spiegare dato che non mi sarei mai aspettata di ritrovarmi in questa situazione. Finalmente la giornata è finita anche se a me è sembrata un’eternità, i miei sono ancora a lavoro, posso entrare tranquilla. Mi dirigo verso camera mia e dato che non sapevo se la questione si sarebbe risolta, inizio a studiare per il giorno dopo. Circa cinque ore dopo ritornano mio padre e mia madre. Ora sento che iniziano i problemi. Preparano la cena e mi chiamano per mangiare. Cosa faccio ora? Se scendo mi vedranno così. Se rimango in camera si insospettiranno. Così mi faccio coraggio e decido di scendere e andare in cucina dai miei genitori e dir loro cosa succede. Sono troppo agitata. Nel momento in cui apro la porta il mio cuore incomincia a battere a mille. I miei si girano e sembrano tranquilli, come se niente fosse. In qualche modo questo mi tranquillizza. Quando gli spiego la situazione loro mi dicono di che cosa stavo parlando. Io li guardo perplessa. Mia madre mi passa lo specchio da borsa e vedo che sono ritornata quella di prima. Rimango senza parole. Mi sento come se mi avessero levato un peso dal cuore. Ma penso che è meglio così, perché non avrei dovuto affrontare di nuovo quella caotica classe.

Carola Tedde
Il suono della sveglia mi destava all’improvviso: sono le sette bisogno che mi prepari in fretta . Però… scendo dall’letto con difficoltà il pigiama sembrava diventato così stretto che quasi non riuscivo a muovermi . Ma … come mai i pantaloni sono così corti ? Mi vado a guardare allo specchio e mi accorgo che non sono più io , mi sono trasformata nella professoressa di italiano . Sono stupita e allo stesso tempo spaventata perché non sapevo cosa fare , l’unica cosa che mi viene in mente è andare a scuola per vedere se ci sono io , la mia vera io . Arrivo a scuola di corsa e mi vedo, sono un po’ scioccata a vedermi , però mi ricordo che sono diventata una professoressa  e mi devo comportare come tale , entro nella classe in cui mi ha detto di andare il bidello purtroppo è la classe in cui ci sono io . Durante la lezione faccio fare degli esercizi di grammatica alla lim , poi ho interrogato quattro ragazzi della poesia “ a Zacinto “ di Ugo Foscolo e ora sto spiegando letteratura . È una lezione molto complicata anche perché io non sono una vera professoressa , per fortuna ci sono riuscita all’insegnante di sostegno che ha saputo spiegare al posto mio . Ora è appena iniziata la ricreazione e l’ho passata riprendendo  tutto il tempo i ragazzi e penso che le prof che ci richiamino hanno ragione non vorrei essere un insegnante perché  è troppo impegnativo e mi sto pentendo perché noi siamo così vivaci . Al termine della ricreazione sento la mia squillare , per fortuna era solo un sogno , un sogno che mi ha fatto capire come sono veramente .

Giulia Bonuso
Il suono della sveglia mi desta all’improvviso: sono le sette, bisogna che mi prepari in fretta. Però…scendo dal letto con difficoltà: il pigiama sembra diventato largo. Ma…come mai i pantaloni sono cosi lunghi, mi avvio verso il bagno e nel momento in cui mi specchio tiro un urlo dallo spavento: non vedo più me, ma bensì il ritratto della mia prof Bitritto.
La prima cosa che faccio è chiamare mia madre al cellulare, perché a casa non c’era nessuno, le ho spiegato la situazione e.. niente da fare, non mi creduta. Non posso vestirmi con i soliti vestiti perché non mi vanno, perciò prendo quelli  della compagna di suo padre.
Mi precipito a scuola, entro in classe e la prima cosa che noto è un’ alunna in un banco con vestiti orridi: sono io!! Il fatto mi sconvolge ma devo far finta di niente fino alla ricreazione. Dato che la matematica non è il mio forte, porto i ragazzi giù nell’ entrata della scuola a parlare di storie d’amore ; vedendo le loro facce capisco che sono stupiti ma allo stesso tempo felici.
Iniziata la ricreazione prendo da parte la Giulia che ha preso il mio posto e le domandò se lei ha informazioni o se ne sa qualcosa, lei risponde:” base per altezza fratto due”  li per li non capisco e proseguo con un’altra domanda: “Allora lei è la Bitritto ???” e lei: “teorema di pitagora”, me ne vado senza nessuna spiegazione…
Alla sera si presenta alla mia porta Giulia e mi dice che è lei la Bitritto, si ferma da me e cerchiamo di chiarire la situazione.
Il mattino seguente ci alziamo e ci siamo vestite con roba adeguata. Arrivate in classe io, che sarei Giulia, ma nel corpo della Bitritto, informo i ragazzi che oggi si farà paracadutismo, tutti felici, tutti che urlano…
L’ unica zitta zitta e impaurita è la Bitritto (nel mio corpo). Salgo sulla cattedra, mi metto ad angelo, chiamo i ragazzi per prendermi proprio come ai concerti.
Quando mi butto vedo Giulia arrivare con paura verso di me, sbattiamo la testa e ci ritroviamo distese per terra con tutti che ci guardano.
Dentro di noi sentivamo che siamo tornate come prima ed è un sollievo per tutte e due.
La prof ci manda tuti a posto e incominciamo a fare matematica, tutti molto confusi.
Non si verrà mai a scoprire perché è successo tutto ciò. 

Guglielmo Buffetti
Il suono della sveglia mi desta all’improvviso: sono le sette, bisogna che mi prepari in fretta. Però… scendo dal letto con difficoltà: il pigiama sembra diventato così stretto che quasi non riesco a muovermi. Ma… come mai i pantaloni sono così corti?
Vado in bagno a vedermi allo specchio. Sono un uomo molto più vecchion di quello che dovrei essere. Ho capito subito chi sono: mi sono trasformato in Volpi, il mio “prof” di ginnastica. Vado in camera dei miei genitori per prendermi gli abiti di mio padre, visto che i miei da ragazzino non mi vanno. Finito di vestirmi vado a scuola e durante il viaggio sorge un problema: oggi in che classi dovrò insegnare? Conosco solo la 3C, la mia vera classe. Arrivato a scuola faccio il giro delle aule per conoscere il mio orario . Le prime due ore la 3C; le due ore in mezzo la 3A e le ultime due la 3D.
Prima ora: entro in classe e c’ è un chiasso pazzesco. Però appena seduto gli alunni, ovvero i miei compagni di classe, si zittirono di colpo. Guardo al mio vero posto e vedo un nuovo alunno, si chiama Giorgio Volpi e non sembra neppure che sappia che non è più un adulto ma un ragazzino. Volpi di solito dedica la prima ora alla teoria e la seconda porta la classe in palestra, ma io non voglio e dico ai ragazzi di prepararsi perché andremo subito a giocare in palestra. Mentre scendiamo continuo a guardare il “prof” che si comporta e parla come un tredicenne. Neppure gli altri ragazzi , intuisco, sanno cosa è successo. Dieci minuti dopo gli alunni sono pronti e li faccio correre per cinque minuti e possono superare. La seconda ora giocano tutti a calcio per mezz’ora, successivamente a palla cambio. Tutta la giornata, anche con le altri classi ho fatto lo stesso.
Arrivato di sera a casa ho mangiato, mi sono rilassato e poi sono andato a dormire.
Mi sono svegliato domenica mattina alle dieci capendo che era stato un sogno molto brutto. Il venerdì seguente ho visto il vero Volpi ed ero molto felice.